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Polisportiva Pozzolese a.s.d. - sede: Via Reboline, 4 - Pozzolo (MN) - p.i. 01684690207

Il luccio in salsa 

Il luccio, considerato il re dei predatori d'acqua dolce, rappresenta da sempre un 

bottino molto ambito dai pescatori. Presenta un corpo allungato e poco compresso ai 

lati, con la pinna dorsale molto arretrata, vicino alla caudale. Molto caratteristica è la 

forma del muso "a becco d'anatra", prominente e appiattito, la bocca assai ampia è 

fornita di moltissimi denti robusti ed acuminati. La colorazione può essere variabile: 

generalmente presenta dorso scuro, fianchi marmorizzati di macchie bianco-argentee 

con tinta di fondo verde, ventre bianco giallastro; le pinne sono invece di colore giallo 

rossastro con machie nere. Vive soprattutto nelle acque calme e limpide, dove il profilo 

della costa meno ripido consente un rigoglioso sviluppo della vegetazione acquatica e 

palustre. Predilige le acque planiziali ferme o a lento decorso di fiumi, proprio come si presentano le acque del Mincio 

nei pressi di Pozzolo, oltre che stagni e laghi. Il suo habitat naturale prevede fondali sabbiosi o fangosi ricchi di 

vegetazione, nella quale si mimetizza durante le sue battute di caccia. Si ciba quasi esclusivamente di pesci ed è 

considerato predatore assai vorace ed insaziabile. Tale fama è tuttavia esagerata: il luccio infatti contribuisce 

all'equilibrio delle popolazioni di ciprinidi, di cui si nutre, eliminando gli individui più deboli o malati. Purtroppo è 

sempre meno diffuso poichè oggetto spesso di pesca indiscriminata, penalizzato dal degrado del suo habitat naturale e 

in forte contrasto con nuovi predatori alloctoni (quali il siluro e il black bass) in diretta concorrenza nella catena 

alimentare. 

Il luccio da sempre rappresenta un piatto prelibato presente nei menù dei ristoranti mantovani, proprio perchè il pesce

di fiume e di lago nella nostra provincia è sempre stato un alimento considerevolmente disponibile e a costi molto 

moderati. Al contrario della carne, pertanto, il pesce d'acqua dolce poteva essere consumato quasi quotidianamente e 

spesso la sua trasformazione in cibo non ha comportato grandi elaborazioni. 

Già al tempo dei Gonzaga, ma fino a giorni più recenti, non esistendo metodi di surgelazione, carni e pesci di mare 

esigevano molte cure, profonde metamorfosi: le salse, le spezie, il gusto deciso di alcuni frutti, sovrastavano  (e spesso 

annullavano) il sapore dell'elemento primo, probabilmente non più freschissimo. Il pesce d'acqua dolce invece, grazie 

alla sua abbondanza, alla sua disponibilità, ha potuto essere cucinato rispettandone il sapore dolce e pulito. 

Le origini del luccio in salsa sono sicuramente molto antiche, se ne ha già notizia nel trattato dello Stefani: "Deve il 

luccio essere di fiume, overo di lago buono e non paludoso; fra tutti i pesci, questo dà buon nutrimento.... serviti con 

olio, succo di limoni e verdure; nello spiedo lardati con angiove, serviti con salsa di capperini, code di gamberi, 

zuccaro e aceto rosato..." (Brunetti, 1965:46). 

Il luccio in salsa è il "secondo" piatto che maggiormente caratterizza la tradizione gastronomica mantovana: per questo 

nella gran parte dei ristoranti è disponibile tutto l'anno, servito caldo o freddo, a seconda delle stagioni, ma 

generalmente accompagnato da fettine di polenta abbrustolita; accostamento insolito per il pesce d'acqua dolce, ma al 

quale i mantovani difficilmente sanno rinunciare, anche per antica necessità. 

Nella preparazione il luccio viene fatto bollire in acqua e poi viene spolpato, sminuzzato e lasciato a marinare nella 

salsa per almeno dodici ore, meglio un giorno intero. I grandi cheff della cucina mantovana dicono che per preparare 

un eccellente luccio in salsa, si deve condire il pesce con una salsa verde preparata con olio ed un battuto fine di 

prezzemolo, aglio, capperi, acciughe e tanta cipolla. La salsa deve essere fatta cuocere con unpo' d'aceto a fiamma 

moderata per 15 minuti e va poi versata a caldo sul pesce... Quasi tutto vero, ma manca ancora qualcosa per avere la 

ciliegina sulla torta e gustare il luccio in salsa impareggiabile della Sagra di Pozzolo.... Un qualcosa che naturalmente 

le cuoche del nostro staff si guarderanno bene dallo svelare... 

Non rimane che venire a Pozzolo per assagiarlo!!. 

 

Il risotto alla mantovana (risot col pistum) 

Caratteristica peculiare di questo piatto è il tipico riso coltivato nel mantovano, il 

Vialone Nano. Nelle terre dei Gozaga il riso si coltiva già nel Cinquecento, ma soltanto 

alla fine dell'Ottocento si codificano le prime varietà: si chiamano Nostrale, Ostiglia, 

Novarese, Leoncino. Nel 1901 i fratelli De Vecchi di Vialone (PV) selezionano il Vialone 

Nero. Questa varietà ottima e dal chicco molto grande si diffonde nel veronese, nel 

rovigotto e quindi nel mantovano. La seconda tappa importante è il 1925, quando la 

Stazione sperimentale per la cerealicoltura di Vercelli incrocia il Vialone Nero con il 

Nano. Il nuovo riso mantiene le caratteristiche organoletiche del Vialone, ma è più 

piccolo. E proprio il Valone Nano diventa, poco per volta, tipico del Mantovano. Con il passare degli anni si riducono le 

risaie, spariscono le mondine, ma non varia di molto la tecnica di lavorazione: si trebbia, si fa essiccare il risone, si 

pila (per eliminare la lolla) e si sbianca. Il Vialone Nano è da tutti considerato il capostipite dei risi da risotto più 

pregiati della produzione italiana, molto versatile e adatto ad una grande varietà di preparazioni. La preparazione 

tipica della Sagra di Pozzolo è quella con il pistum, ovvero l'impasto di carni suine (magro di spalla, grasso morbido di 

rifilatura di pancetta e prosciutto) macinate, salate, condite con aglio e pepe, utilizzato per la preparazione delle 

salamelle. 

Il pistum viene sminuzzato e fatto rosolare in un tegame irrorandolo abbondantemente con vino bianco e a fine cottura 

mantecato con una  noce di burro. Il riso va versato a pioggia nel brodo portato a bollore su fiamma vivace e, trascorso 

il tempo necessario alla cottura, deve essere scolato e fatto riposare a caldo nella pentola coperta da una canovaccio 

da cucina (la durata di queste due operazioni è il segreto per un ottimo risultato). A questo punto il pistum va unito al 

riso, che dovrà risultare asciutto, al dente e con i chicchi ben staccati tra loro, e mescolato con cura insieme ad 

un'abbondante spolverata di grana padano grattugiato. 

I tortelli di zucca 

L'origine dei tortelli di zucca si inserisce nell'antica e popolare tradizione culinaria di paste 

ripiene dell'italia settentrionale; tradizione che risale almeno al basso medioevo, mentre la 

zucca (come ingrediente) risale a dopo il 1500, all'affermarsi della coltivazione dei nuovi 

ortaggi provenienti dall?America Centrale. Lo scopo di tali preparazioni era di ottenere un 

piatto gustoso e nutriente, con quel poco che l'economia contadina forniva.

A buon titolo inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani, è il piatto simbolo della 

cucina mantovana, in cui rappresenta il primo piatto della sera della vigilia di Natale. Il 

particolare gusto di questo piatto, in cui si uniscono il dolce della zucca con il salato del 

formaggio grana, il dolce-amaro degli amaretti ed il piccante della mostarda mantovana, lo rende unico ed 

inconfondibile. 

La ricetta tradizionale li vuole conditi con burro fuso (aromatizzato dalla salvia) e formaggio parmigiano grattugiato. 

Un'ottima alternativa, diffusa in alcune zone della provincia, è quella di servirli rossi, con un ragù a base di pomodoro 

e salamella. 

La preparazione prevede la cottura della zucca al forno che, una volta ripulita da semi e bucia, andrà aggiunta agli 

amaretti finemente sbriciolati, alla mostarda mantovana, un pizzico di noce moscata e al parmigiano grattugiato, in 

modo da ottenere un impasto ben consistente. Dopo essere stato lavorato, l'impasto va lasciato riposare in luogo fresco 

per clmeno dodici ore, in modo che tutti i sapori possano amalgamarsi. Con il ripieno si fanno poi delle palline da 

distribuire su quadrati di sfoglia che, per racchiudere il pesto, si piegheranno in due, ottenendo dei rettangoli con un 

lato doppio dell'altro. I tortelli, cotti in acqua salata, andranno poi distribuiti a strati successivi in una zuppiera, 

condendo ogni strato con abbondante burro alla salvia e grana padano grattugiato.

La torta sbrisolona 

La torta sbrisolona è la regina delle torte secche, un autentico gioiello della cucina regionale 

italiana. Questa torta è la testimonianza autentica di come la cultura contadina abbia 

influenzato la nostra società; la ricetta tradizionale prevede infatti una parte di farina gialla 

di mais da impiegare con la normale farina, questo perchè anticamente la farina di mais era la 

farina tipica del mondo contadino: economica, altamente nutritiva, molto versatile. 

Dalle tavole di campagna la sbrisolona passa poi a deschi più nobili, fino ad approdare alle 

tavole imbandite dei Gonzaga, che si dice avessero un debole per questo dolce. Così chiamata 

per la sua consistenza fragile e molto frammentaria la sbrisolona diviene ben presto il simbolo 

dolciario del mantovano. 

L'impasto della sbrisolona, a differenza di altri dolci, si lavora in modo totalmente diverso, in quanto al posto di essere 

amalgamato e reso liscio ed omogeneo, si deve lavorare per mescolare gli ingredienti senza compattarli tra loro, 

facendogli assumere una consistenza granulosa e discontinua: anche la "messa in forma" nella tortiera segue un rituale 

particolare, infatti l'impasto non viene steso, ma sbriciolato direttamente con i polpastrelli e fatto cadere nella 

tortiera senza compattarlo. Il risultato è una torta secca e friabile, da mangiare fredda, meglio se lasciata riposare 

molte ore dopo la cottura; non si taglia a fette, ma si spacca, si rompe, si sbriciola... 

Un buon vino da abbinare alla sbrisolona, deve rimanere a Mantova, per ritrovare quella magica armonia virgiliana di 

sapori che in questa zona impera e dilaga: niente di meglio che un grande spumante mantovano come il Pinot Brut 

reperibile in diverse qualità nelle molte cantine vinicole della zona. 

Non è da disdegnare poi l'usanza di molte zone del mantovano, di ammorbidire leggermente la sbrisolona con 

un'innaffiatina di grappa. 

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